Aldo GALLIANO
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Da oltre vent’anni per Aldo Galliano l’arte fa parte della sua vita.
Si è avvicinato ad essa da autodidatta, inizialmente come pittore informale, dove la ricerca della composizione e del colore lo porta alla realizzazioni dei lavori chiamati “Città Future” dove su tavole di legno applica dei circuiti elettrici, colorandoli, che rappresentano le città, inserendo in questo contesto un oggetto che fa parte del nostro quotidiano, come un telefono, una lampada, una bottiglia di plastica, etc, lasciandolo integro senza colorarlo, questo gesto a raffigurare che nel futuro certi oggetti faranno ancora parte dell’essere umano.
Da qualche anno è ritornato al suo “artisticamente” grande amore: la fotografia che ben presto è diventata la sua unica forma espressiva. Inizialmente fotografando scritte su muri, cartelloni pubblicitari strappati, macchie sull’asfalto, questa espressione fotografica lo accompagna per poco tempo, Galliano camminando per le città che non sono “future” ma attualissime, si accorge che sono le persone ad affascinarlo ed ecco che inizia una fotografia di strada, che per l’artista è quasi una forma di totale rilassatezza, nonostante rimanga per lungo tempo in mezzo a molta gente, raggiunge un equilibrio fisico mentale fantastico. “Amo particolarmente questo modo di fotografare, riesce sempre ad emozionarmi”.
Continua Galliano
“In questi anni ho sempre cercato di osservare le persone restando attento al linguaggio del loro corpo. Quando sono per strada a fotografare, riesco a isolarmi da tutto anche dai rumori, riesco in questo modo a osservare con più attenzione quello che succede attorno a me. Tutto questo e molto rilassante, ma allo stesso modo adrenalinico, riuscire ad immortalare in uno scatto un espressione un gesto, quasi surreale e una grande emozione”.
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Ritratti.
Il nuovo progetto di Aldo è il ritratto fotografico degli artisti/fotografi Italiani.
Attraverso il suo obiettivo ferma l’attimo di questi incontri.
Parlando con ognuno di loro, ha la fortuna di arricchire il suo bagaglio culturale.
Il fatto di averli fotografati seduti su una sedia e semplicemente un filo conduttore, una piccola regola per dare omogeneità al lavoro.
Questo progetto, l’artista ne è consapevole, può sembrare un capriccio personale e forse all’inizio lo è stato, ma ora non più, ora è pura energia, Aldo Galliano spera che chi guarda queste immagini non si fermi a considerarli semplicemente dei ritratti a famosi pittori, scultori, designer, fotografi, registi, che fanno grande la cultura Italiana
“Ma” possano pensare alla loro arte e quella di tutti gli artisti del mondo, come ad una grande forza, una grande energia, che rende libero l’essere umano.
Hanno scritto di lui:
“Amo fotografare tutto ciò che la società non prende in considerazione, senza un’ idea precisa di cosa voglio ottenere dallo scatto, dunque senza sapere cosa cerco. Alla fine sono solo modi per interpretare me stesso. Per questo motivo sono “Immagini trovate”. Una volta trasferite le immagini sul computer, le elaboro digitalmente e il tutto è finito quando mi emoziona”.
Questo dice di sé e delle proprie creazioni un’artista che, pur derivando l’action contemporanea di stampo espressionista da esordi come autodidatta, ha trascorso, e trascorre, molto del suo tempo libero a studiare i Maestri del passato per reinterpretare personalmente l’opus della memoria, delle conoscenze, degli spazi esistenziali. Ed il risultato si vede; come l’idea. Un’idea che si propone in modo pregnante nelle varie elaborazioni in ordine alle quali il titolo, che ogni tanto le distingue, non designa il contenuto, ma diventa parte dello stesso poiché, per Aldo, la definizione classica di un suo lavoro non è fondamentale. Quindi l’opera finita basta per il giudizio e anche per la consapevolezza di trovare un artista che vuole essere riconosciuto in un tempo difficile di molta ricerca che cade spesso nel vuoto. Ma cosa lo spinge nel suo esprimersi? Galliano si impegna e non intende sottrarsi, non si accontenta. Potrebbe limitarsi a cercare un’emozione attraverso la fotografia. E anche quella c’è. È un messaggio necessario. Ma per lui occorre andare più avanti, entrare dentro il sentire, in un corpo a corpo con il supporto perché i suoi temi ed i suoi soggetti diventino motivo-firma da coltivare quasi ossessivamente attraverso una ragione più profonda che, attraverso la manipolazione digitale, si trasforma in immersione ed emersione dentro e da se stesso. Il risultato è immediato, le ragioni restano misteriose. Certamente c’è compiacimento, ma anche energia, vita, ed una trasfigurazione dell’attimo. Non so se si tratti di coincidenza o di tendenza; ma l’esperienza di Aldo Galliano si trova nello snodo di analoghe ricerche fatte da Ben Laposky e Manfred Frank, due matematici e programmatori, non artisti, ma con delle sensibilità creative che si avviarono verso la grafica rifacendosi al costruttivismo e al razionalismo del Bauhaus.Come molti ricorderanno, ne uscirono fotografie e video memorabili, rivelando un’essenza segreta, un aldilà nel quale idee e colori fluttuavano e si trasfiguravano. Che l’autore abbia visto o meno queste analoghe esperienze non toglie evidenza e forza alla sua scelta che non teme l’imbarazzo di esprimersi con la pittura. Anzi, rispetto a Laposky e Frank questa scelta appare originale e consente imprevisti, benché ricercati e mediati dalla fotografia. C’è verità, trauma, euforia, esaltazione, depressione, in un crescendo quasi jazzistico che passa attraverso una sfida. Si può narrare uno stato d’animo? La condizione scelta è difficile, soprattutto per un pittore, ma qui la fotografia e la revisione computeristica soccorrono e l’esito resta dominio dell’anima e non più del mero raziocinio. Elemento distintivo dei suoi soggetti rimane indubbiamente tutto quanto non rientra nelle comuni e quotidiane visioni: un tutto-oggetto da contemplare come flash che esprime tensione, energia, possibilità di modulazione e di modellato. Ma anche come metafora della possibilità/necessità di dare al reale nascosto identità adeguata al tempo, allo spazio, alla cultura, al tipo di relazioni ed al tipo di sensibilità più diffuse o dominanti nel mondo in cui vive. Caratterizzato sempre più da una molteplicità di variazioni, cambiamenti, rimesse in discussione. Ed in effetti il sentimento che spinge un vero artista verso il proprio specifico linguaggio è sempre una sorta di horror vacui, di inadeguatezza alla realtà sensibile in rapporto alla ricchezza della realtà intima e delle proprie aspettative.
Giorgio Barberis
“Critico d’arte”
SOSTE
... Ma sedendo e mirando, interminati
spazi al di là di quella [siepe ndr] e sovrumani silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi ngo; ove per poco
il cor non si spaura...
Perché scomodare Leopardi e Warhol per un evento del tutto attuale, un’operazione fotogra ca esplorativa su quasi un centinaio di personaggi maschili, tutti artisti diversi tra loro per origine, formazione, stile, importanza e risonanza pubblica?
Perché la gura seduta si pone nell’arte visiva di ogni tempo con particolare pregnanza e varietà di signi cati: di volta in volta divinità, regalità, ritratto uf ciale, malinconia, sofferenza... così il suo seggio può variare dalla nuda pietra al rustico oggetto impagliato, dalla borghese poltrona al trono sfavillante.
È ovviamente impensabile enumerare le opere, o soltanto gli artisti, che hanno fatto di questa posa uno dei motivi d’elezione del loro operare. Dürer può costituire un arbitrario punto di partenza per una lettura ravvicinata di questo soggetto. Il genio alato della sua notissima incisione “Melencolia I” è seduto, immobile, in totale distanza da ogni attività
Le epoche della vita sono quei brevi periodi di sosta che si trovano in mezzo, fra l’alzarsi e l’abbassarsi di un pensiero o sentimento dominante. Qui c’è ancora una volta sazietà: tutto il resto è sete e fame - o tedio.
F. Nietzsche
Si dice che Andy Warhol facesse sedere per un quarto d’ora tutti coloro che aspiravano a far parte della sua Factory e li scrutasse attentamente per arrivare a de nirne l’anima, o meglio, il carattere. Non li fotografava, non con gli abituali strumenti tecnici. creativa o pratica e gli strumenti di lavoro giacciono a terra inutilizzati. Siamo di fronte a un momento ri essivo, di abbandono e la malinconia ne è, in questo caso, tratto necessario. Si è soli con i propri fantasmi quando c’è stacco - sia pur temporaneo - dalla vita come produttività, fatica, viaggio, lotta.
Nella sequenza fotogra ca di Aldo Galliano le gure sedute sono colte in piena spontaneità d’atteggiamento. L’autore ha voluto, per così dire, prendere le distanze dal suo stesso lavoro per ricercare non già la foto “artistica” ma il gesto e l’espressione più quotidiani.
L’obiettivo fotogra co ha caricato ciò che può apparire come banalità, semplice istantanea, di una valenza profonda che in sé riassume il senso di una totalità di pensiero e di vita.
La “sosta” di cui parla Nietzsche rivela ciò che nasce dall’“otium” come sospensione del “dover essere”, quando nalmente l’uomo può ripiegare su se stesso, ri ettere e fermare l’azione a favore del libero scorrere dei sentimenti e del lavorìo della psiche.
Ma, tornando a due sommi autori, se Leopardi e Dürer inducono alla malinconia, il primo con la percezione dell’incommensurabile “sedendo e mirando” da un piccolo angolo di mondo, il secondo con il genio alato che medita sui suoi fantasmi, altri artisti, in primis Van Gogh, hanno
saputo accendere i nostri sensi con maggior forza, dolore e delirio proprio attraverso le gure sedute, come il vecchio raf gurato in “Sulla soglia dell’eternità”.
Anche Bacon, con le sue immagini in trono (e in gabbia) di ponte ci urlanti con volti deformati, scomposti da smor e violente e strazianti, ci fa sprofondare negli abissi dell’animo umano, quando la parola si ritrae inadeguata e solo l’immagine rivela tutta la potenza dell’angoscia.
C’è in ne l’interpretazione forse più nobile dell’uomo assiso in meditazione ed è quella creata in scultura da Rodin con “Il pensatore”, dove il tono si fa eroico e monumentale. La destinazione originaria, a coronamento dell’incompiuta “Porta dell’Inferno”, simboleggia lo sforzo del pensiero nell’elevarsi al di sopra della condizione animale. Il lavoro di Aldo Galliano si muove in questo senso, verso una rivalutazione dell’uomo pensante, fermato in quegli attimi liberi da ogni condizionamento, da ogni ricatto.
Ida Isoardi
Critico d’arte